Guida ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA): con un piccolo sforzo si può fare molto
A cosa servono gli occhiali da vista o l’apparecchio acustico? Chi li porta ha un vantaggio rispetto agli altri o sono uno strumento per compensare un difetto visivo o uditivo?
La domanda può sembrar banale. Ma per ragazzi e ragazze con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) non lo è: il corpo docente, per tradizione, informazione incompleta e qualche vecchio retaggio, non sempre è disponibile a garantire gli strumenti compensativi, mettendo a rischio la garanzia del diritto allo studio e all’inclusione scolastica per questa fascia non indifferente di popolazione studentesca (vedi le tabelle con le statistiche in basso).
Insomma: con quegli strumenti i ragazzi con DSA sono in grado di giocarsi la propria carriera scolastica ad armi pari con gli altri, senza quegli strumenti si fa fatica ad andare avanti, ci si demotiva, si lascia perdere. Esattamente quello che succederebbe se impedissimo l’uso degli occhiali a chi ha perso diottrie.
Domani saremo autonomi
Per svolgere questo lavoro, ci siamo rivolti all’associazione DSA (Domani Saremo Autonomi), con sede a Lavis, nata con l’intento di promuovere un’azione di aiuto concreto alle famiglie e ai ragazzi con Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
Il presidente Paolo Chistè e la vicepresidente Lorenza Dallapiccola ci hanno illustrato la problematica con particolare riferimento al territorio trentino.
Dopo anni di difficoltà, di inettitudine da parte dell’Istituzione pubblica, dovuti in parte al vuoto legislativo, in parte alla diffusa ignoranza sul tema, la situazione è radicalmente cambiata nel 2010, quando sia il Parlamento, che la Provincia di Trento con apposite leggi hanno definito e riconosciuto i quattro Disturbi Specifici dell’Apprendimento e promosso le Linee Guida che suggeriscono “modalità di intervento necessarie a garantire il diritto all’Istruzione. Questo dovrebbe permettere di sostenere e garantire ad ogni studente il successo formativo”.
Il problema e le sue declinazioni
Eliminiamo subito uno dei tanti pregiudizi. Lo studente con DSA non è uno studente certificato secondo l’apposita legge del lontano 1992. Di conseguenza non ha diritto (né bisogno) di docenti di sostegno.
Questo perché i Disturbi Specifici dell’Apprendimento non sono patologie, non causano ritardi nello sviluppo cerebrale della persona, non influiscono sull’autosufficienza dell’individuo.
In sostanza, il bambino con DSA non è malato, e come tale non può guarire da una malattia che non ha. Semplicemente è fatto così. C’è chi è alto e chi è basso, c’è chi è bianco e chi è nero, e poi c’è chi ha qualche forma di DSA.
Diamo anche una definizione più precisa: si tende a usare il termine dislessico per definire la persona affetta da DSA. Non è corretto: la dislessia è solo una delle forme esistenti di Disturbo Specifico dell’Apprendimento. Ne esistono quattro riconosciuti dalla legge (vedi il box “Le quattro forme di DSA”), e riguardano la lettura, l’ortografia, il calcolo e la disposizione grafica dello scritto. Possono manifestarsi anche contemporaneamente, in diverse combinazioni e gradazioni, con il risultato che non esiste un rimedio unico al problema, applicabile a tutti i soggetti, ma solo soluzioni personalizzate.
Per illustrare cosa significa essere soggetti ad un Disturbo Specifico dell’Apprendimento come la dislessia, vi sottoponiamo ad un piccolo, e poco esaustivo, esperimento: provate a leggere il testo nella immagine nel box sotto e capirete qual è il problema.
Questa è una rappresentazione molto approssimativa di come un dislessico vede un testo scritto. Le lettere si confondono, in particolare la b, la p, la d e la q. Non si riesce a seguire il rigo in maniera fluida. La lettura si rallenta. È difficile anche la comprensione del testo, quindi lo studio e la riflessione su quanto letto richiedono più riletture, con dispendio enorme di energie.
Altri esempi da ritrovare su Internet per conoscere meglio il problema li trovate nelle note a fine articolo.
Gli strumenti compensativi e le misure dispensative
Ma quali sono questi strumenti compensativi per DSA? Riferendoci al testo dell’esperimento qui proposto, basterebbe chiedere ad una terza persona di leggere per noi quel testo così confuso: la dislessia, infatti, è un problema che non riguarda l’acquisizione e la decodifica dei suoni. Bypassando la lettura diretta si dà una bella limata al problema. L’audiolibro sarebbe, ad esempio, un’ottima soluzione per la lettura di libri di narrativa.
Gli strumenti compensativi più efficaci e innovativi sono quelli che passano per l’informatica: la possibilità di leggere i testi in formato elettronico su tablet, ingrandendo a piacimento i caratteri, o di usare software TTS (Text To Speech) che leggono il testo in automatico e lo convertono in suono attraverso una voce sintetizzata, può risparmiare ai genitori pomeriggi interi di lettura di testi per lo studio dei figli dislessici.
Per i ragazzi discalculici il problema più grosso è la difficoltà di gestione della memoria di lavoro. È difficile tenere a mente somme, riporti e prodotti di segni durante le operazioni di calcolo mnemonico. Le espressioni, che dovrebbero semplificarsi con l’avanzamento del calcolo, in realtà si complicano per effetto degli errori commessi, così da frustrare e generare ansia nell’alunno. Di conseguenza, calcolatrici e tavole pitagoriche compensano le difficoltà e permettono allo studente di ragionare sulla risoluzione del problema.
Per aiutare l’apprendimento le linee guida provinciali suggeriscono inoltre le misure dispensative: lo studente certificato DSA viene esentato da alcune attività eccessivamente faticose e poco “redditizie” dal punto di vista formativo, proponendo altre modalità per raggiungere gli stessi obiettivi.
Un discalculico, ad esempio, non potrà avere grandi vantaggi dallo studio a memoria di tabelline e formule: la memoria non fissa le informazioni, quindi è un po’ come “scrivere sulla sabbia asciutta” per dirla con Giacomo Stella, psicologo esperto di dislessia e di cui abbiamo proposto un video ad un suo intervento in conferenza (vedi il box “Link utili” in fondo all’articolo.)
Allo stesso modo, l’uso del vocabolario cartaceo per un dislessico è molto faticoso e poco vantaggioso: molto meglio un dizionario su PC che fornisce la definizione del lemma con un clic.
Le lezioni sono molto più semplici se possono essere riascoltate, così come la lettura dei libri se sono in versione ascoltabile.
Altri esempi di misure dispensative (compiti da cui dispensare l’allievo DSA) e strumenti compensativi li potete vedere nella tabella della pagina a fianco.
Dimensioni del problema e soluzioni
Studenti Italiani con DSA
Dislessia | 108.844 |
Disgrafia | 38.028 |
Disortografia | 46.979 |
Discalculia | 41.819 |
Totale alunni DSA* | 186.803 |
Totale alunni | 8.845.984 |
% alunni DSA | 2,1% |
Nota: i dati relativi alla provincia di Bolzano non sono disponibili. *il totale degli alunni con DSA non coincide con la somma degli alunni per tipologia di disturbo, perché alcuni di loro possono avere piú tipologie di DSA. Fonte: MIUR – DGCASIS – Ufficio Statistica e Studi – Rilevazioni sulle Scuole
Studenti italiani con DSA suddivisi per grado scolastico
Anno scolastico | 2010-11 | 2014-15 |
---|
Scuola dell’ infanzia | 0,07% | 0,03% |
Elementari | 0,80% | 1,60% |
Medie | 1,50% | 4,20% |
Superiori | 0,60% | 2,50% |
Fonte: MIUR – DGCASIS – Ufficio Statistica e Studi – Rilevazioni sulle Scuole
Studenti trentini con DSA suddivisi per grado scolastico
| Studenti | con DSA | % DSA |
---|
Elementari | 27.163 | 305 | 1,12 |
Medie | 17.088 | 511 | 2,99 |
Superiori | 21.781 | 199 | 0,91 |
Formazione | 5.588 | 144 | 2,58 |
Totale | 71.620 | 1.159 | 1,62 |
Fonte: PAT Area BES (dati aggiornati al 18/01/2012)
Le statistiche raccontano che il problema coinvolge il 2,1% della popolazione scolastica italiana: uno studente su 50 è in possesso di una certificazione DSA, ovvero si è sottoposto ad una procedura sanitaria e istituzionale precisa, volta ad accertare la presenza del problema e a suggerire all’istituzione scolastica i mezzi compensativi e dispensativi adeguati.
In Trentino, come in altre regioni, la situazione dell’individuo viene certificata attraverso una procedura precisa: la scuola individua il possibile caso, la famiglia si occupa (se è d’accordo) di gestire il rapporto con le strutture pubbliche, gli specialisti certificano (o meno) l’esistenza del DSA. La certificazione viene poi presentata dalla famiglia alla scuola, per avvalersi dei diritti previsti dalla legge.
Detto così, sembra tutto semplice. In realtà ci sono alcuni scogli da superare, e non sono sempre rose e fiori.
Non tutte le famiglie acconsentono a far certificare il proprio figlio: vecchi retaggi e scarsa informazione portano talvolta a preferire di non sapere dell’esistenza del DSA. Si tende a colpevolizzare di scarsa voglia e attitudine allo studio. Niente di più sbagliato: il ragazzo, in realtà, in assenza di strumenti compensativi non è in condizioni di studiare come gli altri.
La certificazione, invece, è il terreno su cui la scuola può (e deve) sostenere lo studente: ricevuta la documentazione, il Consiglio di classe deve predisporre un documento detto PEP (Piano Educativo Personalizzato) in cui ogni insegnante si impegna a garantire allo studente quegli strumenti compensativi e quelle misure dispensative più adatti a contrastare il mix di Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
Come reagisce la scuola? A quanto raccontano Chistè e Dallapiccola di DSA-Domani Saremo Autonomi, da quando è in vigore la legge 170/2010 la situazione è molto migliorata: nelle scuole c’è sempre maggior conoscenza del problema e sempre meno sono le certificazioni che finiscono inascoltate nel cassetto.
Il PEP viene stilato nella stragrande maggioranza dei casi. Ci dicono, però, di aver ricevuto qualche segnalazione di resistenza, da parte di qualche insegnante, nell’applicazione del documento: nel nome dell’autonomia didattica, qualche docente pone alcuni ostacoli nell’adottare degli strumenti compensativi e dispensativi, rifiutandosi di integrare la propria didattica con le esigenze dello studente con DSA, rendendo più difficile il percorso scolastico.
Il problema, come dice il già citato Giacomo Stella sta nel “concetto valorizzante [che la scuola ha] della memoria. Se io so quale sia la formula giusta per risolvere il problema, ma non me la ricordo nel dettaglio, per cause non dipendenti dalla mia volontà, come facciamo? […] La scuola deve incoraggiare l’uso di supporti alla memoria”.
Molti insegnanti – secondo Stella – sono convinti che un ragazzo che ha accesso a strumenti che aiutino a ricordare (mappe concettuali, tavole, parole chiave) abbia un notevole vantaggio e la performance scolastica assumerebbe un valore inferiore, in termini di valutazione. “Come se gli architetti o gli ingegneri, sul lavoro, ricordassero tutto a memoria”.
Un’altra difficoltà pratica deriva dal delicato equilibrio tra privacy del ragazzo certificato e trasparenza nelle valutazioni: se la famiglia dichiara (come è suo diritto) di non voler rendere nota la certificazione del figlio, come si giustifica ai compagni di classe che quel ragazzo può (ad esempio) usare la mappa concettuale, o il formulario o la calcolatrice al contrario degli altri?
Risponde Paolo Chistè: “Noi suggeriamo a tutti i nostri associati di rendere nota al resto della classe la situazione, in modo da facilitare il lavoro dell’istituzione scolastica, e quindi dell’adozione degli strumenti compensativi. Se proprio non fosse possibile, basterebbe garantire a tutti i compagni gli stessi strumenti compensativi. In fondo, se ho a disposizione le formule, ma non ho studiato, posso avere sotto il banco tutti i libri di matematica del mondo, ma non sarò in grado di applicare la formula giusta. Ciò vale per tutti, non solo per studenti con DSA”.
Al termine di questa analisi appare evidente come la scuola abbia bisogno di attualizzare i propri metodi didattici. Non dimentichiamo, infatti, che fino a pochi anni fa i ragazzi con DSA erano bollati come cattivi studenti, svogliati e lazzaroni. Oggi il problema potrebbe risolversi con un po’ di flessibilità e anche di buonsenso da parte degli operatori: cambiare di poco i metodi di insegnamento, aggiungere un po’ di flessibilità alla propria didattica potrebbe dare grandi benefici a questi ragazzi.
Un dislessico legge così
È impossibile descrivere esattamente ciò che un dislessico vede, tuttavia questi esempi permettono di sperimentare il disagio e la fatica provati durante la lettura.
(Fonte: anastasis.it – Screenshot tratti da video. Video completo.)
Le quattro forme di DSA
Dislessia
È un disturbo che riguarda la lettura. I soggetti affetti da dislessia hanno una lettura più lenta e faticano a comprendere il testo. Tipicamente, la dislessia si manifesta attraverso una lettura lenta e sillabata, confusione fra lettere simili (p/b e q/d), omissioni o inversioni di sillabe nel corso della lettura. Lo studente tende ad affidarsi al metodo intuitivo, leggendo le prime sillabe della parola ed intuendo il resto. La cosa può avere successo oppure no, rischiando di compromettere il processo di comprensione del testo.
Disgrafia
È un disturbo specifico che riguarda la scrittura di testi, che risultano poco leggibili, e con notevoli difficoltà di gestione dello spazio carta. Il disgrafico fatica a seguire il rigo del foglio, non regola la pressione della mano sul foglio. Copiare dalla lavagna può essere un vero incubo, dato che deve contemporaneamente distinguere le parole, trascriverle e controllarne la correttezza.
Discalculia
Disturbo dell’apprendimento che coinvolge l’uso dei numeri e le abilità di calcolo. Lo scolaro manifesta difficoltà ad associare il simbolo numerico alla quantità corrispondente, ad enumerare in ordine crescente e decrescente, a risolvere alcuni problemi. Il discalculico tende a invertire le cifre di un numero, ad organizzare sequenzialmente la scrittura di numeri. Alcuni numeri graficamente simili vengono confusi (1 con 7, 6 con 9). Di conseguenza la tavola pitagorica risulta difficile da memorizzare, compromettendo la possibilità di eseguire correttamente i calcoli.
Disortografia
Disturbo che riguarda la capacità di scrivere correttamente in termini di ortografia. Il disortografico non differenzia alcuni segni grafici e tende ad omettere parti di parola, come le doppie consonanti, o ad invertire alcuni suoni. Tutte le difficoltà sono determinate dalla difficoltà di tradurre correttamente i suoni in segni grafici.
tratto dal sito di DSA.
Link Utili
Giacomo Stella, Disturbi dell’apprendimento e insegnamento.
Come legge una persona con dislessia.
Nei panni di un dislessico.
Disgrafia, la fatica provata.