Nel marasma di statistiche, quelle che scatenano i dibattiti più accesi sono quelle che parlano di scuola. La più recente è quella stilata dalla Fondazione Giovanni Agnelli, che fa discutere per i suoi criteri di valutazione.
Siamo nel pieno di quel periodo dell’anno in cui i ragazzi di terza media devono pre-iscriversi alla scuola superiore.
Per un ragazzino di 13/14 anni non è cosa facile prendere una decisione sul proprio futuro scolastico. Le famiglie partecipano alle attività che ogni istituto organizza per la presentazione della propria offerta formativa, la cosiddetta Scuola Aperta. I licei in generale godono di gradimento crescente ormai da anni, ottenendo buoni numeri senza troppa fatica. Altre scuole, meno glamour, arrancano un po’ e devono inventarsi qualcosa per farsi notare: chi introduce le lingue veicolari (materie insegnate in lingua inglese o tedesca), chi gioca la carta delle classi col tablet, chi aggiunge alla propria offerta nuovi indirizzi di studio.
È una competizione da non prendere sottogamba: se le classi non si formano, i docenti perdono il posto, e la Provincia alloca meno risorse per le attività: quella che dovrebbe essere una semplice presentazione a titolo informativo delle attività delle istituzioni scolastiche pubbliche, si trasforma così in una vera e propria campagna di marketing da cui si esce più confusi che persuasi.
In questo contesto nasce Eduscopio, l’indagine promossa dalla Fondazione Giovanni Agnelli (FGA), che ha l’obiettivo di informare le famiglie su come stanno andando le carriere universitarie dei diplomati degli ultimi tre anni delle singole scuole e metterea confronto i diversi risultati.
Visitando il sito Eduscopio.it, le famiglie possono cercare e comparare informazioni sulle scuole che interessano, nella zona desiderata. Il sito web è di una immediatezza esemplare, e molto facile da usare: dal punto di vista tecnico un lavoro davvero ben fatto.
Il sistema di misurazione di Eduscopio
A quanto si legge sul sito Eduscopio.it, “le carriere universitarie degli studenti sono state ricostruite a partire dalle informazioni contenute nella banca dati dell’Anagrafe Nazionale degli Studenti Universitari (ANSU) del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che raccoglie i dati amministrativi ricevuti dalle segreterie di ateneo”. Mancano quindi dati sulle iscrizioni in università estere. Questo può sembrare un dettaglio trascurabile, ma in alcuni casi, come vedremo, non lo è.
Per la valutazione della carriera viene presa in considerazione sia la “media dei voti conseguiti agli esami universitari, ponderata per i crediti formativi di ciascun esame”, sia i “crediti formativi universitari ottenuti, in percentuale sul totale previsto”. In questo modo si vogliono tenere in considerazione i carichi di lavoro associati all’esame. Senza dilungarsi troppo nei dettagli sul metodo usato, si misurano alcuni indicatori che descrivono il livello di profitto conseguito e la velocità con cui questo è stato raggiunto.
Tali indicatori concorrono alla formazione dell’Indice FGA, ossia un numero che sintetizza tutti questi aspetti e che consente il confronto tra i singoli istituti. E su questo numero sono basate le classifiche pubblicate dai giornali e le conseguenti polemiche.
Come è andata in Trentino
Lasciamo ai lettori la facoltà di consultare dati e classifiche sul sitoEduscopio.it. Ci limitiamo a riportare alcuni risultati salienti: dai dati emerge che il Liceo “Prati” di Trento ha il punteggio più alto tra i licei classici, tra gli scientifici in testa c’è il “Rosmini” di Rovereto, mentre il “Galilei” di Trento svetta fra i Licei delle Scienze Applicate. Scorrendo le graduatorie, saltano all’occhio le basse performance dell’Arcivescovile su quasi tutti gli indirizzi proposti e del Liceo “Da Vinci” di Trento tra gli scientifici.
Per capire come è stata recepita l’iniziativa della Fondazione Giovanni Agnelli abbiamo sentito l’opinione di alcuni dirigenti coinvolti.
I Dirigenti del Galilei e dell’Arcivescovile
Si è detto che il Liceo “Galilei” ha ricevuto ottime valutazioni da Eduscopio. Abbiamo posto alcune domande alla sua dirigente Tiziana Gulli.
Ci dà un’opinione sull’attendibilità dell’indagine della Fondazione Giovanni Agnelli?
“Una scuola non può essere descritta da sistemi numerici solo quantitativi e men che meno attraverso il numero dei diplomati che sforna ogni anno. Ci sono diversi aspetti che in questa indagine non vengono evidenziati, perché non sono quantificabili da un punto di vista matematico. Mi riferisco alle relazioni che si instaurano tra docenti, studenti e personale non docente, che costituiscono il vero valore aggiunto di una scuola”.
Cosa pensa dei risultati sotto le aspettative delle scuole paritarie?
“Sulla scuola paritaria si deve tenere presente che i numeri che esprimono sono di un ordine di grandezza inferiore rispetto alle scuole pubbliche, quindi il risultato non sempre è confrontabile”.
A questo proposito abbiamo interpellato il dirigente dell’Arcivescovile, Paolo Fedrigotti e il rettore Bruno Daves.
Quali aspetti secondo voi dovrebbero essere presi in considerazione e analizzati dalla Fondazione per poter migliorare la rappresentatività dei risultati di Eduscopio?
“In realtà, queste indagini quasi mai prendono in considerazione la progressione dello studente da quando entra a quando esce dalla scuola, che è una evoluzione personalissima, ma che costituisce il grosso del lavoro che si fa a scuola. La valutazione del servizio scolastico basata solo sul voto o sul numero di diplomati, di conseguenza, sempre meno si presta a rappresentare il successo nella vita dopo gli studi: nel mondo del lavoro ciò che davvero conta è il mix di competenze e conoscenze che una persona ha acquisito, e che non sempre è assicurato da voti alti. Di conseguenza è davvero possibile misurare la capacità educativa di una scuola?”.
Guardando i risultati dell’indagine, salta agli occhi la valutazione non entusiasmante delle scuole paritarie come la vostra. Che opinione vi siete fatti sui dati che descrivono questa situazione?
“Per quanto ci riguarda, possiamo fare un esempio abbastanza chiaro di come sono stati presi e trattati questi dati: secondo Eduscopio il 32% dei diplomati del LIA (Liceo Linguistico Internazionale Arcivescovile) degli ultimi tre anni risultano non immatricolati. Ciò però non corrisponde alla realtà: secondo la nostra segreteria, nel periodo preso in considerazione, su 50 diplomati del LIA 15 (ossia il 30%) si sono iscritti in Università Straniere, abbassando il tasso di non immatricolazione al 2%. Un’informazione non corretta, dunque, dovuta al fatto che la FGA non prende in considerazione, come essa stessa avverte nel suo sito, le immatricolazioni in Università Straniere”.
Cosa pensate del modo in cui i media riportano questi dati?
“Oltre alla questione della approssimazione connessa con il tipo di realtà che si va a misurare, bisogna appunto chiedersi come questa informazione viene poi veicolata sugli organi di informazione. Se questi risultati non vengono esposti secondo deontologia si rischia di mandare all’opinione pubblica un’informazione distorta”.
In buona sostanza, i dirigenti dell’Arcivescovile confermano che i dati che sono stati pubblicati dalla fondazione Agnelli descrivono la realtà attraverso indicatori oggettivamente inconfutabili, a meno di qualche errore di valutazione che abbiamo mostrato. A loro avviso, quella che è mancata è stata la completezza dell’informazione all’opinione pubblica, soprattutto da parte della stampa, che si è limitata a pubblicare delle classifiche.
Come valutare una scuola
Ci si chiede come una comunità dovrebbe valutare le proprie istituzioni scolastiche. Il problema di fondo è che la scuola è un servizio in cui predomina la componente umana, delle relazioni fra persone: ogni studente recepisce in modo assolutamente personale tutto ciò che gli viene proposto nel corso della sua vita scolastica, e sviluppa un percorso di crescita unico. Il set di indicatori che dovrebbe considerare un Eduscopio o un INVALSI sarebbe infinito: si rendono necessarie delle approssimazioni che da un lato consentono di arrivare comunque ad un discreto livello di informazione, dall’altro confermano l’impossibilità di dare una valutazione oggettiva, unica e insindacabile della qualità dei servizi di una scuola.
Ma allora continuiamo a fare queste indagini, accettandone l’approssimazione, o rinunciamo all’oggettività dei numeri su cui esse sono basate, per evitare di prendere decisioni su informazioni non complete?
La risposta ci viene dalla letteratura che si occupa di analisi della qualità dei servizi: è preferibile avere dei dati su cui fare dei ragionamenti, anche a costo di grosse approssimazioni, che non averne proprio. Valutazioni senza numeri che le supportino risulterebbero viziate da interpretazioni personali, reazioni emotive, o peggio ancora, interessi di parte: il rifiuto a priori della misurazione del servizio scolastico, ancora molto diffuso tra i docenti, secondo gli studiosi della materia non ha alcun senso.
A questo punto è chiaro che una comunità non può prescindere dall’analisi dei numeri nella valutazione delle singole scuole: sarebbe impossibile compiere scelte ponderate. Si possono ovviamente integrare questi numeri con una valutazione qualitativa, andando ad ascoltare la voce di chi conosce il contesto ed è in grado di descrivere meglio la realtà in analisi.